Racconti di Natale

ClipartLa storia della Stellina a cui spuntò la coda

Tanti e tanti anni fa chi alzava gli occhi per guardare il cielo non lo vedeva diverso da come è ora. E lassù, nell’immenso universo fra tutte le stelline felici del manto della notte, ce n’era una che si aggirava nello spazio triste e sconsolata. Si sentiva inutile, sola, lontana dalle sue sorelle. Per quanto cercasse di accendersi in tempo dopo il tramonto, la sua luce arrivava troppo tardi nella notte e così gli uomini non la potevano mai vedere perché a quell’ora dormivano tutti.
Una notte che per qualcuno era come le altre invece era speciale, anzi specialissima, le stelline del manto della notte si affacciarono dal cielo di una città chiamata Betlemme attratte e incuriosite da una grande animazione. Uomini, donne, vecchi e bambini giungevano da tutta la terra per il censimento bandito dall’Imperatore Cesare Augusto. Tutti si davano un gran da fare per trovare un posto per dormire: chi in casa di amici, chi in albergo, chi sotto le stelle.
Anche quella notte, come al solito, la stellina triste arrivò per ultima sopra quel cielo, quando ormai la sua luce non serviva più perché tutti già dormivano. Ma improvvisamente in fondo al sentiero più buio scorse qualcuno che avanzava a fatica e che forse aveva bisogno di lei. Erano due giovani sposi, Maria e Giuseppe il falegname, giunti in città da molto lontano per via del censimento e nel pancione di Maria un bambino aveva fretta di nascere. Non c’era più posto in città per loro e così dovettero accontentarsi di una fredda grotta.
La stellina triste si posò sulla grotta per far loro un po’ di luce ed ad un tratto capì che si stava compiendo un fatto straordinario. In quella fredda e umile grotta, tra voli e canti di angeli, stava nascendo un Bambino speciale: il Re dei re. Si sforzò di brillare perché tutti, abbagliati dalla sua luce si svegliassero e giungessero alla grotta per adorare ne portare doni a quel Bambino. E così fu. Pastori, lavandaie, uomini e donne… i Re Magi… giunsero alla grotta guidati dalla sua luce. Il suo gesto e la sua generosità furono premiati: gli angeli le donarono una meravigliosa coda d’oro, uno strascico lucente, perché tutti gli abitanti della terra potessero riconoscerla e ammirarla. Così la stellina diventò felice e non fu più triste.

Da “Voglia di Natale” di Vincenzina Dorigo Orio

 

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Il dono del pastorello

Nella sala c’era un caminetto, che da tanti anni nessuno più accendeva, Nel caminetto c’era un presepe e nel presepe tre personaggi che discutevano e quasi bisticciavano. Erano un ciabattino, un fruttivendolo e una donna che portava la legna. Ognuno di loro pensava che il dono più bello fosse il suo. “Con le scarpe che gli ho donato, il Bambino potrà camminare” diceva il ciabattino. Ma gli altri due rispondevano che un bambino così piccolo non ha bisogno di scarpe. “ Con la frutta che gli ho donato, il Bambino potrà’ nutrirsi” diceva il fruttivendolo. Ma gli altri due rispondevano che un bambino così piccolo si nutre solo del latte della mamma, “ Con la legna che gli ho donato, il Bambino potrà riscaldarsi “diceva la donna. Ma gli altri due rispondevano che il Bambino si riscaldava col fiato del bue dell’asino. Venne avanti allora un pastorello, che aveva le mani vuote. Quando si avvicinò al Bambino, i tre personaggi protestarono: “ Non ti vergogni di venire alla capanna senza doni?”. Il pastorello, senza badare alle loro parole, si chinò sulla culla e cominciò a cantare. Aveva una voce bellissima, così bella che tutti gli angeli del presepe vennero a sedersi sulla paglia per ascoltarlo bene. Quando finì, il cielo sembrava più luminoso. E il Bambino rideva. Il pastorello fece un inchino e si girò per andarsene, ma i tre personaggi lo fermarono. E videro che era scalzo e tremava di freddo e di fame. “Tieni” gli disse il ciabattino. “Con queste scarpe camminerai meglio”. “Tieni” gli disse la donna. “La mia legna ti riscalderà”. Il pastorello ringraziò. Indossò le scarpe e si mise sottobraccio la fascina di legna e la cesta con la frutta. Poi partì, attraversò il ponte sul laghetto di specchio e se ne andò lontano. Più tardi si accese un lumicino, sulle montagne del presepe: era il fuoco del pastorello, che cantava sotto le stelle.
                                                                  Nicola Cinquetti

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L’asino nel buio
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Cercavano un posto per la notte. Erano tutti stanchi: Maria, Giuseppe, l’asino che portava Maria, e il bambino che stava per nascere nella pancia di Maria, perché la stanchezza di Maria passava un po’ anche a lui. Bussarono a molte case, ma non c’era posto per loro. “Provate di là” disse una vecchia, indicando la fine del villaggio. “C’è una grotta, dove sta un bue. C’è paglia, e legna e starete al riparo”. Giuseppe sfiorò il fianco dell’asino, che si rimise in cammino. Non c’era nulla. Dopo trenta passi, l’asino si fermò. Era un asino obbediente e paziente, ma aveva paura del buio. Il buio gli gelava il cuore e le zampe. “Forza” disse Giuseppe. “E’ buio, ma nella grotta, con una pietra accenderò il fuoco!”
L’asino non si muoveva. “Sei stanco più di noi…” disse Maria, accarezzando il collo alla bestia. ”Io sono così pesante! Ma là potrai riposare. Fa’ ancora qualche passo, buon asino…” Ma gli occhi della bestia vedevano il buio. “Che fare?” disse Giuseppe. “Avanti, forza!” Picchiò il pugno sulla groppa dell’asino, che non si mosse. Maria si piegò in avanti, e disse: “Aspettiamo un po’, Giuseppe. Forse fra poco si muoverà’. Il bambino contro la sua groppa, sta al caldo”.
Il bambino si muoveva lentamente nella pancia, lentamente mosse una mano, piccola come un petalo, l’appoggiò da dentro alla pancia della mamma, e attraverso quella sentì il caldo della pelle dell’asino. La accarezzò. Era un tocco leggerissimo, un peso di farfalla, ma fu come se le stelle si fossero triplicate. I grossi occhi dell’asino videro che il buio non era cosi buio, e là c’era il fianco di una collina, un po’ più chiaro, e nel chiaro un’apertura, un po’ più scura. Si mosse. Giuseppe, che si era appoggiato al suo posteriore, quasi cadde in avanti. A passi quieti, l’asino camminava verso la grotta. Si sentì venire, da laggiù, un muggito basso, caldo, ospitale.

Roberto Piumini

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Il regalo di Ines
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La piccola Ines era una bambina indiana molto povera. La notte di Natale voleva portare un fiore a Gesù Bambino, ma non aveva denaro per comprarlo.http://sottolostessocielo.altervista.org/
Guardò dappertutto, in cerca di una monetina smarrita da qualcuno che bastasse per comperare un piccolo fiore, ma invano. Allora decise di regalare a Gesù Bambino un fiore rubato da un giardino, ma non ne trovò nemmeno uno.
Alla fine si dovette accontentare di un rametto staccato da un cespuglio e lo decorò con l’unica cosa carina che possedeva: il fiocco rosso che portava nei capelli. Ines andò in Chiesa. Ormai era tardi e sembrava non ci fosse più nessuno. Depose il suo rametto davanti alla statua di Gesù Bambino e si mise a piangere. All’improvviso sentì alle sue spalle delle voci stupite:” Oh, guardate che bel fiore rosso che ha portato quella bimba! E ancora:- “Chissà dove l’avrà trovato!” Ines allora posò lo sguardo sul rametto: che meraviglia! Il suo fiocco rosso si era trasformato in un fiore magnifico, a forma di stella,
Era nata la stella di Natale.

                      Da una leggenda messicana

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L’occhio del falegname

C’era una volta, tanto tempo fa, in un piccolo villaggio, la bottega di un falegname. Da un pò di tempo, i suoi attrezzi da lavoro non andavano d’accordo: fra loro e nella falegnameria si respirava un’aria carica di tensione e di antipatia.
Un giorno, durante l’assenza del padrone, gli arnesi da lavoro tennero un gran consiglio: all’ordine del giorno c’era l’esplulsione di alcuni membri della comunità.hqdefault
Discutevano tutti a voce alta e animosamente.
Uno prese la parola: “Dobbiamo espellere nostra sorella Sega, perché morde e fa scricchiolare i denti. Ha il carattere più mordace della Terra”.
Un altro ribadiva: “Non possiamo tenere fra noi sorella Pialla: ha un carattere tagliente e pignolo, da spelacchiare tutto quello che tocca”.
“Fratel Martello – protestò un altro – ha un caratteraccio pesante e violento. Lo definirei un picchiatore. E’ urtante il suo modo di ribattere continuamente e dà sui nervi a tutti. Escludiamolo!”.
“E i Chiodi? SI può vivere con gente così pungente? Che se ne vadano. E anche Lima e Raspa. A vivere con loro è un attrito continuo. E cacciamo anche Cartavetro, la cui unica ragion d’essere sembra quella di graffiare il prossimo!”.
Così discutevano, sempre più animosamente, gli attrezzi del falegname. Parlavano tutti insieme. Il martello voleva espellere la lima e la pialla, questi volevano a loro volta l’espulsione di chiodi e martello, e così via. Alla fine della seduta tutti avevano espulso tutti.
La riunione fu bruscamente interrotta dall’arrivo del falegname. Tutti gli utensili tacquero quando lo videro avvicinarsi al bancone di lavoro. L’uomo prese un asse e lo segò con la Sega mordace. Lo piallò con la Pialla che spela tutto quello che tocca. Sorella Ascia che ferisce crudelmente, sorella Raspa che dalla lingua scabra, sorella Cartavetro che raschia e graffia, entrarono in azione subito dopo.
Il falegname prese poi i fratelli Chiodi dal carattere pungente e il Martello che picchia e batte.
Si servì di tutti i suoi attrezzi di brutto carattere per fabbricare una culla. Una bellissima culla per accogliere un bambino che stava per nascere. Per accogliere la Vita.

Bruno Ferrero460912883