Dalla nascita del Monachesimo a San Benedetto da Norcia

Presentazione multimediale

sul Monachesimo

 

Nascita del Monachesimo

Quando le persecuzioni contro i cristiani finirono, nel IVsecolo d. C., alcuni fedeli sentirono la necessità di allontarnarsi dalle città per vivere da soli in luoghi isolati (eremiti da eremos-deserto), in povertà, silenzio e preghiera, secondo l’esempio di Gesù. Nacque così il monachesimo (dal greco monos che significa “uno, solitario”).

 

Il Monachesimo Orientale

Sant’Antonio abate (250-356 d.C.)

ll fondatore dell’eremitismo e del monachesimo cristiano è sant’Antonio abate (detto anche sant’Antonio il Grande), un giovane di Coma (Quena) in Egitto che decide di vendere tutti i suoi averi e di ritirarsi a vita solitaria in un forte romano abbandonato nel deserto vicino al Mar Rosso vivendo in preghiera, povertà e castità.

 

San Pacomio (292-348 d.C)

Nel 320 d.C. in Egitto l’eremita Pacomio, ex soldato romano convertito al cristianesimo, fondò il primo monastero “cenobitico” (da coenobium, “comunità”) cioè comunitario, convinto che la vita in comunità (koinonia) fosse il vero modello di vita cristiana.

 

 

San Basilio Magno (330-379 d.C.)

San Basilio Magno  nato in Cappadòcia a Cesarèa, oggi la città turca di Kaysery, fu l’ispiratore del monachesimo orientale che influenzerà quello occidentale di San Benedetto. Fu lui ad introdurre le attività di lavoro nei monasteri assieme al concetto di cenobio. Fondò vari monasteri e scrisse eccellenti opere, specialmente le regole monastiche ancor oggi seguite da moltissimi monaci orientali. Fondamentale nella sua regola è il lavoro manuale, la preghiera e lo studio della Bibbia.

In Oriente l’ordine basiliano si diffuse rapidamente, in Occidente proliferò a partire dal VI secolo sopratutto in Calabria e poi nel resto d’Europa.

Le antiche tracce del monachesimo basiliano sono rintracciabili nella Cattolica di Stilo uno dei massimi esempi di architettura bizantina in Calabria.

 

Il Monachesimo Occidentale

San Benedetto da Norcia (480 e il 540 d.C.)

L’esempio dei monaci orientali giunse in Occidente intorno al V secolo in forma cenobitica con Benedetto da Norcia vissuto tra il 480 e il 540.
San Benedetto, dopo alcuni anni vissuti come eremita, nel 529 fece crostruire un grande monastero a Montecassino, nei pressi di Frosinone, dove accolse i giovani che volevano vivere una vita di preghiera e meditazione. Qui in qualità di Abate (da abbà: padre, il superiore della comunità monastica), formò la sua prima comunità di monaci chiamati Benedettini (così chiamati perché i monaci seguivano la Regola di San Benedetto).
San Benedetto scrisse 73 norme, la Regola “ora et labora”, in cui era stabilito che la vita dei monaci doveva svolgersi in luoghi appartati ed essere basata su preghiera, lavoro, studio e meditazione.

 

La Regola benedettina

La regola di San Benedetto richiedeva l’obbligo di rispettare quattro voti:.
-stabilità (un impegno per tutta la vita),
-obbedienza (la scelta di obbedire a Dio e ai propri superiori),
-povertà (chi entra in comunità abbandona tutta la ricchezza e non possedere nulla) e
-castità (la scelta di non farsi una famiglia).

 

L’Abbazia di Montecassino


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Nel giro di pochi decenni in tutti i Paesi d’Europa sorsero numerosissimi monasteri attorno ai quali si svilupparono villaggi, ospedali, scuole.
San Benedetto venne proclamato patrono d’Europa nel 1964 da Paolo VI.
La giornata tipo di un monaco benedettino
La vita di un monaco benedettino era suddivisa in momenti di preghiera, di studio, di lavoro e di riposo. Ciò riassume in due parole la regola di San Benedetto “Ora et labora” (prega e lavora).

La giornata-tipo di un monaco benedettino era la seguente:

 

Il Monastero

Gli amanuensi


I monaci che ricopiavano le pagine di antichi testi erano chiamati amanuensi (dal latino servus a mano, termine con cui i romani chiamavano gli scribi). I libri che copiavano su pergamena o cartapecora erano detti manoscritti.

 

Le miniature

Alcuni monaci abbellivano le pagine decorandole con preziose miniature, cioè piccoli disegni. Si servivano di polvere d’argento e d’oro e usavano soprattutto il minio, una polvere di colore rosso vivo che viene prodotta dal piombo

 

Il canto gregoriano

Nei monasteri e nelle chiese i monaci cantavano una musica chiamata gregoriano dal nome di Gregorio Magno, papa che raggruppò i canti sacri in un grande libro, l’antifonario.

Eseguita da un solista o da un coro era cantato “a cappella”, cioè senza strumenti, con il testo in latino, lingua ufficiale della Chiesa.

Sfoglia un antico manoscritto latino conservato nella Biblioteca Vaticana



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